Alcune esperienze

Abbiamo deciso di riportare qui i racconti delle esperienze di alcune di noi o di nostre amiche e amici, per dare un’idea dell’impatto che l’HPV e la medicalizzazione possono avere in pratica nella vita di chiunque. Speriamo che la lettura di queste storie possa essere utile a non sentirsi sole di fronte a questo virus e a dare strumenti di riflessione e resistenza di fronte al vero e proprio “accanimento terapeutico” che troppo spesso ci viene imposto. Che le esperienze negative di alcune possano permettere a chi legge di sfuggirvi!

L’IMPORTANZA DI IGIENIZZARE L’ASSE DEL CESSO

Ariel, 29 anni

Ho scoperto di essere HPV+ circa 6 mesi fa.

Tutto è iniziato con pruriti vaginali che non riuscivo a curare, mi sono rivolta alla doc di base la quale mi ha prescritto un pap-test e una visita ginecologica e così ho avuto la bella notizia. La mia prima razione è stata di paura e smarrimento, ma anche di sorpresa: l’unica cosa che sapevo sul virus era che si trasmette sessualmente e io non avevo rapporti da 4 anni se non con la mia compagna, negativa all’HPV qualche mese prima, sapevo che porta al cancro e che bisogna fare un sacco di sbattimenti chirurgici per uscirne.

Torno con i risultati delle analisi dalla doc di base e ci torno con la mia compagna, vogliamo avere qualche informazione su come gestire la nostra sessualità, le dico:” Lei è la mia compagna, vorremmo sapere come dobbiamo comportarci”, la doc ingenuamente mi guarda e dice : “ Basta igienizzare l’asse del water e non c’è nessun problema!”. Io:”No, forse non ha capito.. noi scopiamo, come funziona la trasmissione???” ; la doc abbassa lo sguardo, trafuga qualcosa dal cassetto della scrivania, tira fuori un pezzo di carta e dice senza guardarci neanche in faccia: “ Questo è il numero del consultorio XX specializzato in malattie sessualmente trasmissibili, potete chiamare per avere dei chiarimenti.” Vaffanculo, ce ne andiamo. Ancora spiazzata, mi precipito al consultorio di zona dove fisso un appuntamento con la ginecologa, la vedrò 2 settimane dopo. Nel frattempo ho dubbi e domande ma non so a chi chiedere, non mi azzardo a cercare informazioni su internet so che avrebbero fomentato il mio panico. Finalmente arriva il giorno dell’appuntamento e incontro la doc del consultorio, le racconto la mia storia e finalmente trovo una persona che mi tranquillizza e spiega senza ansia e vergogna che cos’è l’HPV. Mi spiega che il contagio avviene per via sessuale e che potrei averlo preso da rapporti non protetti anche anni addietro, mi spiega che il contagio tra donne è più difficile e mi raccomanda di prestare attenzione a non “mescolare” liquidi durante i rapporti (mi fa un po’ passare la poesia..). Mi fa un’impegnativa per una colposcopia, biopsia e tipizzazione insomma gli esami di routine.

Dopo la bellezza di mesi, perchè il servizio sanitario nazionale a Milano indica una sola struttura dove effettuare questi esami, vado a fare ciò che devo fare. In sala d’attesa siamo in 6, più o meno di tutte le età, tutte per l’appuntamento delle 12.00, tutte per lo stesso motivo. Sul tavolino c’è un opuscolo informativo sull’HPV, lo acchiappo e inizio a sfogliarlo… mi ritrovo tra le mani pagine rosa patinate in stile pubblicità di detergente intimo, inizio a leggere e subito vorrei dare fuoco all’intero ospedale.Ovviamente tutte le info sono eteronormativizzate, due fottute pagine in cui si parla di vagine che incontrano cazzi e mai di vagine che incontrano altre vagine e tanto meno di cazzi che incontrano buchi di culo. Un’altra cosa è che alcuni ceppi (3 per l’esattezza) sono responsabili del cancro della cervice dell’utero e che qualora vengano trovati bisogna immediatamente sottoporsi a un’operazione di asportazione dei tessuti chiamata conizzazione. Sull’opuscolo inoltre si invitano a sottoporsi al vaccino le gentili signorine dai 12 ai 25 anni.

Arriva il mio turno, entro in ambulatorio. Mi ritrovo un’altra doc e la sua socia infermiera, subito mi mettono a mio agio, racconto la mia storia, la doc da brava progressista mi dice che non c’è nessun problema che io abbia una compagna ( e ci mancherebbe!!!!) e più o meno mi spiega quello che ho letto sull’opuscolo, effettua i suoi esami in 10 minuti e ci rivediamo dopo un mese circa.Ritiro gli esami: HPV+, CIN2, ceppo 16… maledizione quello più bastardo, quello che secondo l’opuscolo muori in 10 anni. Sono in sala d’attesa per aspettare di incontrare nuovamente la doc e discutere il dafarsi. Siamo in 8 questa volta e una signora sulla 50ina blatera qualcosa sul fatto che le devono togliere tutto ( l’utero no?!) e che lei lo sapeva e che se lo sentiva e che prima lo faceva meglio era. E così eravamo tutte in attesa di sapere quanto utero farci asportare; ammetto di non aver realizzato in quel momento di quanto sia facile per la nostra medicina deturpare il corpo per guarirlo, in un certo senso mi sentivo un po’ come la signora… avrei voluto togliere tutto subito così da non pensarci più, da liberarmi di questo virus che può mettere a repentaglio la mia vita, mi può uccidere. Arriva il mio turno, entro, stessa doc e stessa socia, legge le analisi: “HPV+, CIN2, ceppo 16, dalla colposcopia risulta una piccola lesione che probabilmente è stata rimossa con la biopsia.. Io interverrei con una conizzazione per essere sicuri, faccio le carte per il pre- ricovero..”. Sono ancora presa male per il mio ceppo 16, non lo voglio, non voglio ritrovarmi con un cancro e so che l’unica soluzione è questa operazione, so che il mio utero deve essere trattato come quello delle altre in sala d’attesa. La socia mi tranquillizza mi dice : “ Non ti preoccupare, l’ho fatto anche io stai dentro una mezza giornata e poi vai.. è come andare a fare shopping!”, aggiunge “ poi, per il sesso basta usare il preservativo e sei tranquilla”. Io la guardo un po’ storta, non sono palesemente un tipo da shopping né tanto meno da preservativo ma va bene così.

Uscita dall’ospedale, a mente serena, ripenso alle parole della dottoressa “la lesione potrebbe essere stata asportata con la biopsia…”, cioè cazzo, mi dici sostanzialmente che la cosa si è più o meno risolta eppure mi consigli un intervento?!? Mi dici che l’hpv si manifesta quando le difese immunitarie dell’organismo si abbassano e che è importante rafforzarle eppure mi consigli un’operazione quando la cosa potrebbe essere risolta con una cura per il sistema immunitario?!! ragionando per logica.. Credo ci sia qualcosa che non va! Credo ci sia qualcosa che non va nella percezione dei nostri corpi, e nella cultura della medicalizzazione come deturpazione del corpo. Parlando con mia madre ho scoperto che anche lei ha subito un’operazione di asportazione di parte dell’utero dovuto ad un’infezione presa in ospedale, e mia nonna addirittura ha subito un’isterectomia a 40 anni per un paio di polipi. Ok erano altri tempi, mia nonna ha 80 anni ora, però è come se tradizionalmente in linea matrilineare si dovesse subire una sorta di mutilazione per affermare di essere donne, non credo che in linea patrilineare si possa dire la stessa cosa.. è vero che i problemi alla prostata arrivamo molto tardi e in ogni caso si fa di tutto per non arrivare ad un’asportazione. Per quanto si facciano porgressi nell’emancipazione rimane comunque anche in ambito scientifico un dominio patriarcale radicato e molte donne lo accettano, dalla stessa doc alla socia, alla signora che aspetta che le portino via tutto. Non so se al momento sono HPV+ o HPV- , con questo non vuol dire che non abbia deciso di curarmi o di trascurare questo aspetto della mia salute, anzi sto provando strade alternative: ho trovato una ginecologa esperta in rimedi naturali la quale ascoltata la mia storia, mi ha spiegato che l’operazione non è assolutamente necessaria per i CIN2 e che le strade alternative ci sono,sono un po’ più lunghe ma funzionano, sono contenta di poter pensare ad un’alternativa e di avere la possibilità di far regredire il mio virus; so che non si guarisce e so che non mi vivrò più molto serenamente la mia sessualità ma almeno ho il mio corpo integro e una maggiore coscienza e conoscenza di esso. Gli voglio bene!

INCONTRO ALLUCINATO CON HPV

Chiara, 30 anni

Questo racconto pesca in un’esperienza di un po’ di anni fa. Siamo nel 2002. Al tempo io e il mio compagno ci frequentavamo da circa un anno. Ricordo che la sua esperienza con il virus dell’HPV, che lui chiamava “i condilomi” non iniziava con me, poiché aveva scoperto questi piccoli “tipo-foruncoli” intorno al glande già un paio di anni prima. Alla ricomparsa dei “tipo-foruncoli”, mi avverte della loro presenza e mi racconta che era dovuto andare in ospedale a farsi “laserare il pisello” per toglierli. Io reagisco con estrema leggerezza a questa informazione: vuoi l’età da giovincella, vuoi che anche lui non ne sapeva molto, vuoi soprattutto che mi parla di condilomi e non usa il termine malattia venerea (nell’immaginario più spesso associato alla HIV e non alla HPV). Dunque, aspetto circa sei mesi ad andare dalla mia ginecologa di fiducia per parlare della cosa e programmare un pap-test. Al mio arrivo in studio la mia ginecologa ascolta il problema e con altrettanta leggerezza mi consiglia di fare un pap-test e rimandare eventuali valutazioni di questa per me ancora misteriosa malattia a quando avremo in mano il risultato dell’esame medico. Quindi figuriamoci, ben contenta di non ricevere una sgridata per essermi attardata a fare questa visita, prendo ancora con più calma la prenotazione del pap-test. Beh per farla breve, perché il bello viene dopo, torno dopo circa due mesi se non di più con un esito di pap-test positivo dalla ginecologa, la quale mi dedica qualche minuto per spiegarmi che cos’è questa condilomatosi. Eccoci, finalmente la spiegazione vera e propria salta fuori: ho una malattia venerea, una di quelle cose che nell’immaginario di una ventenne non sono proprio il massimo da dover gestire! Mi vengono spiegate la trasmissione del virus, la sua manifestazione in diverse forme, le sue degenerazioni fino al cancro al collo dell’utero. Ci siamo, ho capito che è una cosa seria, che devo fare la colposcopia non aspettando due mesi a prenotarla, che io e il mio compagno dobbiamo proteggerci in ogni rapporto per evitare di rimbalzarcela a vicenda di nuovo (ah…ovviamente prima non lo avevamo fatto!).

Ed ecco che qui sale il climax del racconto: colposcopia, reparto di ginecologia dell’Ospedale Sacco di Milano. Ore di attesa nella ressa indistinta di mamme, bambini, donne quasi partorienti, uomini spazientiti, medici frettolosi o in pausa. Dopo un primo colloquio con, credo, uno specializzando che mi fa la solita sfilza di domande super intime sulle mie abitudini e gusti sessuali, approdo in uno stanzino con una dottoressa. Bene, meno male, una donna, sono rincuorata e curiosa di fare questa colposcopia che non ho mai fatto, vedere in un’immagine a colori del collo dell’utero mi rende impaziente, oltre che vedere la forma manifesta di questo fantomatico HPV. Mi siedo, consegno il questionario compilato prima e l’impegnativa della ginecologa, credo, o insomma, consegno delle scartoffie mentre lei ne compila altre. Altre domande, sempre più insistenti, questa volta particolarmente concentrare su abitudini e gusti, con una preferenza specifica per l’indagine su frequenza e modi dei rapporti anali. Io rispondo, lei è il medico…penso che pur essendomi informata, lei ne sa di certo più di me…lei si indigna, scuote la testa, inarca un sopracciglio e bofonchia frasi del tipo “be’…inevitabile”, oppure “ovvio che poi arrivate qui in questo stato…”, “e che cosa si aspetta adesso?”, tutto sempre scuotendo la testa e compilando le scartoffie. In una sequenza molto brusca, chiude il fascicolo, mi intima di alzarmi e togliermi pantaloni e mutande, mi fa sedere sul lettino, alzare le gambe, avanzare col culo per permetterle di divaricare e infilare lo speculum e la sonda o non so come si chiama per fare l’esame, la colposcopia. A quel punto, un po’ spaventata dalla sua reazione brusca – che esprime quel miscuglio emotivo tipico di alcuni medici che poco individua il confine tra reale preoccupazione per il tuo stato di salute e l’indignazione dovuta a individuali posizione etiche, con il preciso intento di giudicarti e farti sentire fuori posto – sono decisamente innervosita, quindi l’esame non è privo di dolore. Lei a quel punto cosa fa? Esce dallo stanzino. Non ricordo esattamente quanto tempo sono rimasta lì così, a gambe aperte con l’aggeggio tipo dildo inserito e il monitor acceso con il mio collo dell’utero in mondovisione. Sento che rientra parlottando, non è sola! Ci sono con lei cinque o sei studenti e studentesse, che molto incuriositi si dirigono dietro il paravento e si parano davanti alle mie gambe aperte e guardano un po’ dentro un po’ sul monitor. Lei, la dottoressa, manco mi chiede se può utilizzarmi per spiegare agli studenti l’evoluzione del ceppo maligno dell’HPV. Io, chiaramente, scopro durante quella “lezione” di avere il ceppo maligno, nessuno mai mi aveva dato questa informazione. Lei prosegue, fa vedere sul monitor agli studenti il mosaico di condilomi, descrivendone aspetto, forma e dimensione. A quel punto chiedo di vedere anche io, di girare il monitor verso di me. Ok, senza aprire bocca mi gira il monitor e ovviamente capisco ben poco di quel che vedo…individuo una macchia rossa con dei pallini che sembrano in rilievo e immagino sia quello il punto critico. Il monitor torna nel verso del pubblico e la lezione prosegue. Il tutto termina con un tampone, condito da qualche “si rilassi, se no come faccio a lavorare” abbaiato dalla dottoressa, Dott.ssa Valieri, per la cronaca. Faccio per rivestirmi e per fortuna entra un’infermiera, che mi spiega che probabilmente avrò delle perdite di sangue e quindi gentilmente mi porge un assorbente. Vado a sedermi, dolorante, alla scrivania. La dottoressa termina le scartoffie, fa addirittura un grafico, appiccica una foto del mio collo dell’utero sul foglio protocollo cartoncino rigido e me lo porge. Non saluto ed esco con l’indicazione di tornare da lei, purtroppo, a ritirare gli esiti dopo venti giorni. Bene, venti giorni dopo torno lì, nello stanzino, Valieri presente, stavolta gli studenti non ci sono. Ed ecco che qui mette la ciliegina sulla torta: sono afflitta da un genoma di tipo maligno di HPV; la mia noncuranza molto probabilmente – secondo lei ovviamente – comporterà lo sviluppo di un tumore al collo dell’utero; la mia condotta e i miei gusti sessuali non sono di nessun aiuto per un eventuale miglioramento della malattia, che ormai ho e avrò per sempre. Mi consiglia di vedere al più presto la mia ginecologa per decidere il da farsi. Quest’ultima frase non la capisco ma senza salutare esco di lì. Vado a casa e chiamo la mia ginecologa, intimandole di vederci entro la fine della giornata. Evidentemente, sono talmente incazzata e spaventata che si convince subito, quando invece solitamente latita e liquida ogni cosa in modo molto sbrigativo. Quando arrivo da lei, finalmente, ottengo delle spiegazioni e le racconto la mia esperienza. Senza pensarci due volte e senza consultarmi la vedo alzare il telefono e comporre un numero. Scopro dopo che le urlate da aquila minacciosa sono dirette al primario di ginecologia del Sacco, che evidentemente lei conosce. Io sono a quel punto molto soddisfatta, innanzitutto perché capisco che non morirò di lì a breve di un tumore e per la rivincita urlante operata dalla mia ginecologa. Quel famoso “decidere il da farsi” si riferiva ad un intervento chirurgico che non farò mai. Ci metterò poi cinque anni a debellare l’HPV, genoma maligno e oggi penso: perché ci deve essere qualcun’altra che interviene per noi? Prendiamoci ognuna la propria autonomia! Anche contro il genoma maligno di HPV.

EXPERIENCED

Marcella, 43 anni

Ho accompagnato un’amica dalla ginecologa, era un cosultorio pubblico in Barona, avevo fatto un pap test quattro anni prima, e già che ero lì l’ho fatto, era gratuito… Avevo 37 anni ed era la mia seconda visita ginecologica. Quando sono arrivati i risultati l’esito era positivo al HPV e mi hanno fatto fare una colposcopia. Qualche giorno dopo mi hanno telefonato, chiedendomi di presentarmi all’ambulatorio per avere l’esito e davanti alla mia richiesta di sapere qualcosa mi è stato ribattuto di andare di persona a ritirare i risultati. Ho iniziato ad agitarmi, sembrava qualcosa di serio. Una volta arrivata lì la dottoressa mi ha comunicato che avevo delle displasie al collo dell’utero e avrei dovuto rifare la colposcopia dopo 6 mesi per verificare l’andamento. Il tutto senza guardarmi negli occhi; non ha risposto a nessuna delle mie domande, né su come si prende né su come si trasmette, l’unica cosa che ha detto è che è una malattia venerea, e che il mio contagio era dovuto alla promiscuità sessuale (rapporti non protetti e occasionali con molti partners), insomma mi ha trattato da puttana. Lei un pezzo di ghiaccio. Mi sono incazzata di brutto, me ne sono andata anzi senza neanche richiedere le mie cartelle cliniche, non volevo averci a che fare un secondo di più. Avevo capito poco di quello che mi stava succedendo: cin1, colposcopia, tipizzazione… tutto un confuso insieme di parole che c’entravano con me. Ho deciso allora di rivolgermi a un consultorio “laico ed autogestito” dove ero già stata e mi ero trovata molto bene, al C.E.D. (*centro educazione demografica) un consultorio che in realtà è un’associazione: lì ero sicura che sarei stata trattata umanamente e non come una peccatrice sessuale! Infatti mi hanno accolta e spiegato bene che cos’è HPV e le conseguenze possibili; la ginecologa mi ha rassicurata, e davanti alle mie domande su come comportarmi da infetta, trasmissibilità ecc per il fatto che avevo rapporti sessuali con una donna in quel periodo ha ammesso la sua ignoranza e ha promesso di documentarsi. Ho raccontato della precedente visita al consultorio che aveva dato esito cin1, ho rifatto la colposcopia e dopo la conferma delle lesioni, mi hanno mandato all’ambulatorio dell’Humanitas a fare l’esame, la biopsia: esito cin2, genotipizzazione avevo il 16 e il 52! Due genotipi cattivi. L’evoluzione da cin1 a cin2 è stata rapidissima; tornata al Ced la ginecologa mi ha detto “ti operi” non mi ha offerto alternative, cin2 uguale asportazione di una piccola parte del collo dell’utero, una semplice operazione senza conseguenze; davanti all’idea di un cancro, mi sono immediatamente adattata all’idea di operarmi. Non ci ho pensato molto, non era un problema, non mi interessava la riproduzione nè la maternità quindi ho pensato che quel pezzetto di utero non mi sarebbe servito, inoltre non c’erano altre alternative all’operazione. Dopo circa sei mesi mi hanno ricoverata, day ospital allo I.E.O. per la conizzazione. L’operazione è stata veloce ma molto invasiva. Anestesia locale, non sentivo dolore ma un calore infernale, ci sono volute altre due infermiere per tenermi ferma, bestemmiavo e mi veniva di alzarmi. Le infermiere erano gentili e simpatiche, non ci sono state difficoltà. All’uscita mi aspettava un’amica…

Sono tornata dalla ginecologa, 3 mesi dopo facendo un’ennesima colposcopia, risultava che non c’erano più lesioni ma avevo una debole presenza del virus e dopo la visita la ginecologa, ufficiosamente, mi ha proposto una cura omeopatica per far regredire il virus papilloma, e mi ha congedata dicendo che avrei dovuto controllare dopo sei mesi l’andamento del virus tramite pap test. Quando poi ho rifatto il test, la cura omeopatica aveva funzionato, il pap-test era negativo! Nessuna traccia del virus. Ogni anno devo fare il pap-test, ma fino ad ora tutto a posto. Se ripenso al periodo in cui ho scoperto di avere l’HPV è stato un periodo di merda, in cui stavo proprio male. Ho capito a posteriori che è il mio benessere psicofisico a proteggermi dal virus. Per quanto mi riguarda ho stabilito che vivere in modo equilibrato e positivo la sessualità è la chiave del problema: anche se sei promiscua, entri in contatto con malattie, non ci sono conseguenze finchè sei sana e forte ma in periodi di stress, hai molte più possibilità di ammalarti… e questo vale per tutti gli aspetti della salute. Per quanto riguarda la mia sessualità ho iniziato a non avere più conflitti, a non andare a letto con persone di cui non me ne fregava niente, come quando non ascoltavo il mio corpo, non lo rispettavo. Poi ho iniziato ad ascoltare il mio desiderio, a vivere bene i rapporti sessuali, e non solo. Ho acquisito consapevolezza di me e mi prendo più cura di me stessa. Recentemente insieme ad altre donne abbiamo fatto una visita ginecologica collettiva, semplicemente inserendo uno speculum per guardare là dentro: quando mi sono vista il collo dell’utero, mi sono resa conto del risultato della conizzazione: l’utero era bello, roseo e tondo, ma la cervice era molto aperta; ho guardato i colli dell’utero delle altre due amiche sono rimasta molto impressionata: quella che aveva partorito aveva una cervice molto più stretta della mia, per non parlare dell’altra ragazza più giovane che aveva un’apparato genitale perfetto. Ripensando alla conizzazione non sono “pentita” di averla fatta, ma confrontandomi con le altre donne mi sono resa conto di quanto poco ne sanno i medici ma soprattutto del fatto che non parlino delle possibili conseguenze. Oggi ho 43 anni e praticamente tutte le mie amiche, tranne una, hanno avuto a che fare con un’infezione da HPV, in alcuni casi benigno, in altri maligno. La maggior parte di loro, ma non tutte, si è sottoposta all’operazione: una ha avuto due gravidanze difficili, e in un caso ha perso il bambino proprio perchè la cervice non era in grado di tenere il feto. Un’altra amica ha passato i 9 mesi di gravidanza sdraiata, perchè rischia va un aborto spontaneo a causa della conizzazione. Vi rendete conto con quanta leggerezza i medici spingano ragazze anche molto giovani verso un’operazione che ha conseguenze così importanti? Per non parlare di come sia diffusa nel mondo della sanità pubblica l’idea che il papilloma sia un problema solo delle donne, perchè gli uomini al massimo elimineranno i condilomi con una cremina non mutuabile del costo di 100 euro!

Quando durante l’autovisita ginecologica con lo specchio ho visto che la piccola porzione di collo che mi hanno asportato è grandissima e quando, chiaccherando con le amiche ho scoperto che se fossi rimasta incinta avrei potuto perdere il bambino o dovuto passare l’intero periodo sdraiata… mi sono incazzata: tutte queste cose non mi sono state dette!!!

DOTTORESSA CONIZZATI IL CERVELLO

Gianna, 27 anni

Ho beccato una pallina sconosciuta nel seno e sono andata a farla controllare da una ginecologa: “Quando hai fatto l’ultimo pap-test?” … e che è?… Cominciamo bene! Cerco nella sala d’aspetto dei volantini o opuscoli informativi…non ce ne sono. Quando poi mi richiama per ulteriori controlli – perchè non è tutto a posto come mi aspettavo – mi dico che sarebbe anche l’ora di capire di cosa si tratta. Sono infetta da hpv 52 con displasia livello cin2. ???

E quindi vai di internet, perchè le risposte della ginecologa sono tristemente epiche: “te l’ho già spiegato – devi avere anche un po’ di fiducia – ci vogliono libri alti così per capirlo”. Internet, come sempre, è un’accozzaglia di informazioni contraddittorie e riesco a districarmi fino ad un certo punto.

Devo decidere se fare, o meno, la conizzazione che la ginecologa mi ha presentato cosi: “Ecco ora puoi scegliere secondo le direttive internazionali se tenere costantemente sotto controllo la displasia o fare subito questo piccolo intervento cosi non ci pensi più.” Già, come se si trattasse di tagliare una fetta di torta.

Fortunatamente in quel periodo non avevo rapporti sessuali, perchè il campo della prevenzione dal contagio, che inizialmente mi angosciava, o sdraia-ta…mi sono incazzata: tutte queste cose non mi sono state dette!!! restava un buco nero. Pero’ ho deciso di comunicare alle persone con cuisapevo di aver fatto sesso palesemente non sicuro, che avevo ‘sto hpv. Aloro poi di capire come gestirsi l’informazione…

E io come la gestisco quest’informazione che un po’, mi dico, preferivonon sapere?! Ho fatto una terapia omeopatica mirata, diciamo personalizzata, che con-sidera il corpo un tutt’uno con mente, sentimenti ecc…e il nuovo paptest mostra il livello della displasia regredito a cin. Non so se è merito dell’omeopatia o del mio stesso corpo, credo di entrambi, in ogni caso è possibile.Ora incrocio le dita per il prossimo pap test e mando a fanculo le ginecologhe e ginecologi burattini della medicina, che vede soldi al posto di malattie e salute e che, come prassi, inventa malattie là dove non ci sono e fa di tutto per tenerci lontane dalla conoscenza di quello che chiamano “competenza degli esperti”. Riprendiamoci ciò che è nostro!

HPV SENZA TESSERA SANITARIA

Iulia

La mia vita sessuale è cominciata intorno ai 15 anni, con l’ unico timore di rimanere incinta. Il mio rapporto con i ginecologi, devo dire che erapraticamente nullo, visto che non ho mai pensato di poter avere problemie in più vedevo le visita ginecologica come una intromissione nella miasessualità. Nell’ ambiente sociale e culturale in cui sono cresciuta la figu-ra del ginecologo era sempre associata ad aborto, cancro e malattie consintomi gravi, mai a niente che assomigliasse alla prevenzione. Inoltreavendo avuto un partner stabile per lungo tempo, non mi consideravotroppo “a rischio”.

Come tutti i cittadini neocomunitari (rumeni e bulgari) sono fortemente penalizzata dal sistema sanitario italiano. In pratica, a causa di un cavillo burocratico, sono “coperta” dal servizio solo se ho un contratto lavorativo in atto. Per questo, essendomi felicemente licenziata dal lavoro che mi serviva per ottenere un certificato di residenza, ho deciso di effettuare un pap-test poco prima della scadenza della tessera. Trovandomi alla soglia dei 30 anni e sentendo tanto parlare di prevenzione, ho ritenuto opportuno farlo. Dopo 2 settimane mi hanno chiamato dall’ambulatorio per informarmi che qualcosa non andava. Entro qualche giorno ho avuto il referto : HSIL/CIN III esteso (o carcinoma in situ, termine che erroneamente fa rabbrividire), in pratica la forma più grave di infezione, che si evolve spesso in cancro alla cervice. Diciamo che è stata una bella “mattonata”, anche perchè la tessera sanitaria mi scadeva dopo pochi giorni e non sapevo come fare a proseguire le cure. Dovevo trovarmi un contratto di lavoro al più presto, cosa molto difficile. Subito io e il mio compagnoci siamo attivati, contattando amici e conoscenti senza però dire a tutti il motivo di tanta “voglia di lavorare”. Emotivamente mi sentivo confusa e arrabbiata con me stessa per avere ignorato il pericolo per tutto questo tempo. Temevo coseguenze gravi per la mia salute e la mia vita sessuale. Il mio compagno mi ha dato da subito tutto il sostegno morale e pratico (andando a parlare con i medici quando io non potevo, accompagnadomi dovunque e informandosi dettagliatamente sulla malattia). Immediatamente ho deciso di informare il mio ex, la sua compagna e gli amici più vicini, e ho scoperto che altre ragazze che conosco hanno avutolo stesso problema, seppure in forma meno grave. Qualcuno mi ha proposto soluzioni bizzarre, tipo nascondere ai medici il fatto di non avere la tessera sanitaria. Comunque tutti mi hanno dato appoggio. Devo dire che fin dall’ inizio i medici con cui ho avuto a che fare sonostati molto professionali e rassicuranti, mostrando una certa sensibilità. Appena hanno saputo che la tessera mi scadeva, hanno fatto in modo che la parte importante degli esami, colposcopia e biopsia, venisse fatta nei pochi giorni che rimanevano. Infatti la condizione di immigrata da paese neocomunitario (volontariamente disoccupata) mi ha creato non pochi problemi. Niente contratto di lavoro, niente copertura sanitaria. Dopo una ricerca disperata, fortunatamente grazie a un amico ( un compagno…) ho trovato un lavoro massacrante in una cooperativa di pulizie, anche se il contratto l’ho avuto in extremis un giorno prima dell’intervento, e mi copriva solo per tre giorni… ma questa è un’ altra storia! Sono andata in ospedale con il mio compagno, che mi sembrava più teso di me, abbastanza rilassata e fiduciosa, decisa a farla finita con questo problema. L’operazione è stata di tipo “ansa a radiofrequenza”, e consisteva nell’ asportare la zona interessata dall’ infezione. Si è svolta inambulatorio ed è stata praticamente indolore. Sarà durata circa 10 minuti. Il decorso post-operatorio è stato positivo, non ho avuto nè dolori nè perdite di sangue significative, anche se queste sono cose soggettive. Per come minimo un mese è fortemente sconsigliato avere rapporti vaginali penetrativi.

Forse il momento più brutto viene proprio dopo l’ intervento, quando si attende l’esito istologico della parte asportata, dal quale si vede se la lesione pre-cancerosa è stata tolta del tutto e in alcuni casi, se c’è qualcosadi più grave. Nel mio caso pare sia andato tutto bene. Per fortuna. Adesso spero che l’ organismo riesca a debellare le tracce di virus HPV eventualmente rimasto. Il chirurgo che mi ha operato mi ha quasi ordinato difare il vaccino Gardasil, ma dopo essermi informata e aver sentito tante opinioni negative, ho deciso di non farlo. Per un bel po’ di tempo dovrò sottopormi a controlli periodici (pap-test e colposcopia). Sicuramente d’ora in poi andrò più spesso dal ginecologo e con un altro atteggiamento. Oltre a tutto ciò che ho imparato sull’ HPV, ho capito che è inutile staread auto-terrorizzarsi leggendo esperienze su internet e pareri di pseudoesperti. Ogni caso è diverso. Comunque è sicuramente cambiato il miorapporto con i ginecologi, ho superato la diffidenza e quella sorta di timore dei “camici bianchi” che avevo in passato.p.s. Quando mi riferisco ai medici tutti i maschili nel testo possono essere letti al femmile.

ESPLORANDO IL CORPO UM-ANO

Marco, 26 anni

Sono Marco, ho 26 anni e ho contratto i condilomi quando di anni neavevo 19. Me ne accorsi quando incominciai a sentire fitte e bruciore all’ano. Decisi di andare da un dermatologo, la scelta cadde su quellopiu’ vicino a casa, un uomo di una certa età (pensionabile). Mi visitò edopo la diagnosi mi propose di asportare i condilomi tramite operazionechirurgica, con tanto bisturi e punti di sutura. Si congratulò per la miaomosessualità e mi fece i suoi più sentiti auguri per tutto. Nonostante questo, non mi vide più. Cambiato il dermatologo, cambiò anche la cura. Il nuovo dermatologo, piu all’avanguardia, mi prescrisse la crema Aldara 5%, una crema che stimola la reazione immunitaria agendo localmente sulla zona trattata. La posologia era: 3 volte a settimana,

1 giorno si e 2 no, per 1 mese.

I condilomi sparirono prima. Tornai da lui per un controllo e, nonostante fossero condilomi a basso rischio, mi prescrisse una colonscopia sinistra con biopsia (prelievo di un campione di tessuto) da fare presso una struttura ospedaliera per essere sicuri che il virus non avesse causato lesioni interne. Andai pertanto in quella della mia città, Busto Arsizio (!) dove pero mi dissero che non erano sufficientemente attrezzati per questa

tipo di esami. Alla mia comprensibile domanda ‘’E perché?’’ seguì una non altrettanto comprensibile risposta : “il nostro ospedale non possiede i mezzi adatti per malattie veneree come questa che possono degenerare in tumori, le consiglio di rivolgersi al centro tumori di Milano, sicuramente saranno maggiormente attrezzati per casi come il suo’’. Gli avrei voluto richiedere ‘‘e perché??’’, ma preferii lasciar stare.

Mi recai così al Centro tumori di Milano, presi appuntamento e dopo qualche mese e un’intera giornata a bere purghe ero pronto a farmi esaminare. Per prima cosa feci un’ulteriore visita preliminare con un dermatologo, il quale si mise un guanto, ci mise un po di lubrificante e incomincio un’appassionante spedizione speleologica. Gli posi domande circa la recidività del virus e le varie tempistiche, mi rispose con mugugni e frasi a metà. Sarà stato troppo preso ad esplorare, pensai.

Il controllo ebbe esito positivo cosicché potei sedermi in sala d’attesa, spettando il mio turno.

Entrai in una sala con due medici, presero i miei fogli, gli diedero un’occhiata veloce e li rifilarono all’infermiera. Mi chiesero di togliermi i pantaloni e sdraiarmi. Il primo m’infilò la sonda, l’altro il tubo dell’aria. Tutto era visibile su di un monitor. Nel corso dell’esplorazione uno dei due medici si lamentò per la non completa efficacia della purga; l’altro, l’addetto al tubo dell’aria, mi disse che potevo espellerla se ne sentivo il bisogno. Io però ero troppo occupato a sopportare il tremendo fastidio che mi provocava tutta quell’aria nella pancia. Finalmente sentii un pizzico e capii che la biopsia era appena stata eseguita. Pochi giorni dopo andai a ritirare gli esami. Come mi aspettavo: ‘Negativo’.