L’HPV, Human Papilloma Virus, è un virus che vive nelle mucose e si trasmette prinicipalmente tramite i rapporti sessuali. Esistono centinaia di tipi di HPV, detti ceppi, ognuno contrassegnato da un numero; di questi una trentina può avere conseguenze anche molto serie sulla salute.
Questi ultimi si possono dividere in: (1) HPV a basso rischio patogeno; (2) HPV ad alto rischio patogeno.
I ceppi definiti a basso rischio patogeno possono portare a condilomi genitali, escrescenze benigne (simili a verruche o brufoli) che si sviluppano sui tratti genitali femminili e maschili, attorno all’ano o (più raramente) in bocca. A volte questi guariscono da soli nel giro di alcuni mesi, e in ogni caso, finché sono piccoli, si curano facilmente con creme e gelo, nei casi peggiori, con una piccola operazione (vedi pag 24). I condilomi possono essere connessi a un abbassamento delle difese immunitarie e ad altre infezioni genitali, come la candida. Tendono a essere recidivi, quindi bisogna prestare la massima attenzione al rischio di contagio. Solo se non trattati, molto raramente, possono progredire verso un cancro.
I ceppi di HPV definiti ad alto rischio patogeno sono quelli che possono portare a un tumore al collo dell’utero (o cervice uterina) e, con minor frequenza, ad altri tumori. Sono i ceppi n°16, 18, 31, 33, 35, 39, 45, 51, 52, 56, 58, 59, 68, 73, 82. I tipi di HPV ad alto rischio più diffusi attualmente in Italia sono i numeri 16, 18, 31, e 33.
L’HPV è un virus attualmente molto diffuso con cui è facilissimo entrare in contatto: si stima che circa l’80% delle donne sessualmente attive contragga il virus durante la propria vita, soprattutto sotto i 25 anni. Possiamo essere contagiate più volte nel corso della vita senza che ci siano necessariamente conseguenze per la nostra salute: infatti nel 90% dei casi il corpo neutralizza il virus da solo entro due anni. Quando ciò non avviene, un ceppo ad alto rischio di HPV potrebbe, nell’arco di anni o decenni, portare alla formazione di un tumore al collo dell’utero. Gli uomini invece sviluppano il tumore solo in rarissimi casi.
Il virus, dopo essere stato trasmesso, rimane in incubazione (lasso di tempo che intercorre tra il momento in cui un virus viene contratto e la comparsa dei primi sintomi) nel corpo per alcuni mesi. Se siamo in uno stato di buona salute e con le difese immunitarie alte, l’incubazione potrebbe non produrre conseguenze: l’infezione scompare e il virus resta nell’apparato genitale ma non è più attivo, benché potrebbe riattivarsi nel caso di un abbassamento del sistema immunitario. In questo caso si può essere portatori sani e asintomatici ma contagiosi, o portatori non contagiosi, se il virus è addormentato.
Se l’infezione si attiva il virus inizia a mutare le nostre cellule e il Pap-test evidenzierà una lesione CIN1 alle cellule del collo dell’utero. Alcuni ceppi di HPV infatti possono causare delle lesioni cellulari, che possono presentarsi in tre gradi differenti: CIN1, CIN2, CIN3.
La lesione CIN1, detta anche displasia lieve, è una alterazione delle cellule di basso grado che nella maggior parte dei casi guarisce da sola, ma che può anche aggravarsi in una forma definita CIN2, che va tenuta sotto controllo.
Nel caso si arrivi a una lesione di tipo CIN2, detta anche displasia moderata, questa potrebbe regredire spontaneamente (90% casi), rimanere stabile o evolversi allo stadio CIN3.
Quindi se il Pap-test segnala un CIN2 non è il caso di angosciarsi: non è assolutamente detto che le lesioni diventino più gravi, perché il nostro sistema immunitario, se è sano e forte, è in grado di contrastare i danni causati dall’HPV.
Nel caso in cui il Pap-test successivo dia come esito una lesione CIN3, questo significa che la displasia è diventata più grave e si parla di carcinoma in situ. Questo non significa che abbiamo già un tumore invasivo! Significa che si sono formate delle cellule anomale nel tessuto del collo dell’utero e che, in rari casi, queste cellule possono produrre il tumore al collo dell’utero, detto anche carcinoma cervicale.
Oggi, dopo che si è scoperto che questo tipo di tumore è sempre collegato al Papilloma virus, hanno iniziato a circolare notizie allarmanti al riguardo, e anche informazioni errate e oscure. Questa situazione sembra voler nascondere un dato importante: se diagnosticato nelle primissime fasi dello sviluppo, il tumore al collo dell’utero è curabile nel 99% dei casi! Si tratta di un tumore molto studiato e ben conosciuto, tra quelli con le maggiori possibilità di cura e, soprattutto, prevenzione. Eseguire regolarmente il Pap-test, infatti, permette di individuare le anomalie cellulari causate dall’HPV prima che questo porti al tumore al collo dell’utero.
Quando non viene individuato in tempo tramite il Pap-test, ci si può accorgere di un potenziale tumore al collo dell’utero da alcuni sintomi clinici: perdite vaginali insolite e sanguinamento anomalo, dolori nell’area pelvica, dolori nel rapporto sessuale. Le donne guarite da un tumore al collo dell’utero possono reinfettarsi con l’HPV e devono prestare attenzione alle variazioni del virus con appositi esami.