Dal 2008 in Italia (e in altri paesi europei) è stata lanciata una grande campagna per la vaccinazione di massa contro il Papilloma virus. Pubblicità in televisione, dépliant nelle scuole, incontri pubblici, internet, lettere inviate a casa direttamente del Ministero della salute. Le aziende farmaceutiche produttrici di questo vaccino hanno speso enormi quantità di denaro per pubblicizzare il proprio farmaco presso medici, organizzazioni che si occupano di salute delle donne, istituzioni pubbliche. Recentemente (2012) il vaccino è stato sponsorizzato nella campagna di Trenitalia “frecciarosa”, che prevede che le donne in viaggio sui treni ad alta velocità vengano sommerse da dépliant e questionari sul tema della “salute delle donne”. La campagna prevede addirittura che alle viaggiatrici venga proposta una visita ginecologica (da effettuare durante il viaggio!), il tutto allo scopo di magnificare le mille virtù del vaccino anti-HPV!
Ma di cosa si tratta? Esistono due tipi di vaccino: il Gardasil (prodotto da Merck e distribuito in Europa da Sanofi Pasteur), che dovrebbe proteggere dai ceppi di HPV 6, 11, 16 e 18 e il Cervarix (prodotto da GalaxoSmithKline), che dovrebbe proteggere dai ceppi 16 e 18.
Nel 2008, per favorire la diffusione in tutto il paese della vaccinazione pubblica contro l’HPV, sono stati stanziati nella finanziaria ben 30 milioni di euro (soldi pubblici). Si tratta di un farmaco molto costoso, soprattutto se paragonato al basso costo dei programmi di prevenzione tramite Pap-test. Certo, se si trattasse veramente di un vaccino contro il tumore al collo dell’utero, come viene pubblicizzato, potrebbero essere considerati soldi ben spesi. Ma è proprio così? I medici Gava e Serravalle, autori di “vaccinare contro il Papillomavirus?”, scrivono: “Dichiarare quindi che il vaccino disponibile previene il tumore del collo dell’utero è falso.”
Innanzitutto, è molto importante dire che non si tratta di un vaccino contro un tumore, ma di un vaccino che può contrastare alcuni ceppi di un virus che può essere efficacemente tenuto sotto controllo attraverso Pap-test regolari. Esistono inoltre moltissimi dubbi non solo sull’efficacia ma anche sugli effetti collaterali di questo farmaco, poiché gli studi effettuati sono ancora pochissimi e tutti eseguiti dalle stesse case farmaceutiche che producono il vaccino (immaginiamo l’imparzialità!). D’altra parte, come si può sostenere che il vaccino protegge da un tumore che insorge 20 anni dopo aver contratto il virus, se gli studi più lunghi effettuati sono durati solo 5 anni?
Ma vediamo con ordine quali sono le perplessità che questo vaccino pone. Esso viene somministrato alle bambine e ragazzine preadolscenti. Questo perché si ha una migliore risposta immunitaria se non si è mai entrate a contatto con il virus. Gli studi di efficacia clinica, però, sono stati fatti solo su donne tra i 19 e i 26 anni. Nelle ragazzine tra i 9 e i 15 anni è stata testata solo la capacità del vaccino di produrre anticorpi, ma non l’efficacia nel contrastare il virus. Inoltre, la fascia di età 9-15 anni è quella per cui non si conosce ancora (mancano gli studi) la reale sicurezza del vaccino.
La durata della protezione del vaccino è sconosciuta. Gli studi clinici hanno documentato che la sua efficacia si riduce di circa 4-10 volte dal settimo al ventiquattresimo mese dopo la prima dose e che poi cala ulteriormente con il trascorrere del tempo. Probabilmente dunque la protezione del vaccino è limitata nel tempo, alcuni studi ritengono che possa durare circa 5 anni.
Come abbiamo detto, esistono numerosissimi ceppi di HPV e molti di questi possono portare al tumore al collo dell’utero, ma il vaccino contrasta solo 2 o 4 di questi ceppi. Il rischio è che di conseguenza gli altri ceppi possano aumentare la loro diffusione e virulenza, modificandosie diventando più pericolosi. Proprio perché non protegge da tutti i ceppi di HPV, è necessario e importantissimo sottoporsi periodicamente al Pap test anche se si è state vaccinate.
Ripetiamo che le morti associate a tumore al collo dell’utero causato da HPV nei paesi in cui esistono efficienti programmi di screening (Pap test) sono drasticamente diminuite, perché possono essere evitate mediante condizioni di vita sane e periodici esami. Con la vaccinazione di massa, c’è il concreto pericolo che le donne vaccinate, sentendosi già protette, non vadano più a fare il Pap test esponendosi al rischio di ammalarsi senza neanche accorgersene. Facciamo solo un piccolo esempio, citando un un articolo di Repubblica del 6 Agosto 2009 dal titolo “Il vaccino anti Hpv? È efficace” di Adele Samo. Nell’articolo si legge “Prevenire [con il vaccino] non significa soltanto evitare i casi di tumore al collo dell’utero. Vuol dire preoccuparsi anche di tutte quelle donne a cui vengono diagnosticate lesioni preinvasive. Cioè quel 5-10% che è costretto a fare i conti con esami diagnostici, con trattamenti chirurgici che producono ansia personale, disagio in ambiente familiare e assenze lavorative. Un trauma che, secondo uno studio inglese, per tre donne su dieci dura fino a un anno dopo la diagnosi”. L’articolo presenta l’esame diagnostico (ovvero il Pap-test) come una cosa che è preferibile evitare, e che può essere evitata se si fa il vaccino, cosa assolutamente falsa!
Anche per quanto riguarda gli effetti collaterali gli studi non sono sufficienti, e gli unici che abbiamo a disposizione sono stati effettuati dalle case produttrici. In base alle segnalazioni della FDA e dell’EMEA (le agenzie per i farmaci di Stati Uniti ed Europa) sembrano esserci molti più effetti indesiderati, anche gravi, rispetto a quanto dicono le case produttrici. Addirittura, in una decina di casi il vaccino ha portato alla morte delle ragazze. Il vaccino inoltre va somministrato con molta prudenza (ad esempio, non va somministrato se si hanno malattie febbrili in fase acuta, in gravidanza può causare aborto e malformazioni fetali, la paziente deve rimanere nell’ambulatorio nei 15 minuti successivi alla vaccinazione perché si registrano spesso casi di svenimento). Nel valutare il rischio di effetti collaterali, ricordiamo che non si tratta di un farmaco somministrato a chi è già malato (e che quindi può decidere di assumersi questo rischio), ma a ragazzine perfettamente sane.
La società in cui viviamo si ostina a inseguire un progresso vuoto di significato, che cerca cure (meglio se redditizie per chi le produce!) a quelle malattie che essa stessa crea. Le lobby del farmaco vorrebbero farci credere, come abbiamo visto, che dobbiamo scegliere tra una possibile morte per tumore e il vaccino, mentre la vera scelta sta tra una seria ricerca delle cause delle malattie, con una reale volontà di eliminarle, e una ricerca scientifica atta a celare gli interessi miliardari delle multinazionali chimico-farmaceutiche, dei ricercatori e delle associazioni che finanziano tali ricerche, che hanno dalla loro parte la propaganda dei media e la protezione dei governi, che agiscono di comune accordo per lucrare sulle loro “cavie”, siano esse umane o animali.